IL PARADISO DI ANNA
Stian Hole (trad. di B. Berni)
Donzelli, 2013
Forse la migliore chiave di lettura dell’ultimo albo di Stian Hole si condensa in un aggettivo: surreale. Tali sono le immagini e le frasi che strutturano la storia. In più di un dettaglio ricordano Alice nel paese delle meraviglie: la strampalata compagnia seduta intorno al tavolo, il coniglio bianco all’inizio, quando il padre si affaccia sul lago, i frequenti non-sense che il testo propone; ma Anna, la piccola protagonista, non condivide di Alice la sicurezza e l’irresponsabile curiosità; le sue domande e le sue affermazioni, così surreali, celano una dolorosa esperienza. Non è nel paese delle meraviglie che si avventura Anna, ma nel cielo, “il cielo di Anna” (Annas himmel) come recita il titolo tedesco. Il racconto affronta uno dei temi più difficili in un libro destinato ai bambini, quello della morte, e in particolare la morte della madre.
La chiave surreale consente all’autore di affrontare con delicatezza e al contempo con intensità un argomento tanto arduo. Fin dall’inizio le parole ci trasmettono una tensione drammatica e i risguardi iniziali, con quella pioggia di chiodi in un cielo alla Magritte, non sono da meno. Tuttavia le parole sono stemperate dalla luminosa bellezza delle illustrazioni: gli sfondi sono popolati di fiori, insetti, uccelli, pesci volanti, meduse, elefanti… Tutti volteggiano o si librano in uno spazio senza gravità, irreale. Il ricordo della madre, le sue parole, gli oggetti che le sono appartenuti accompagnano Anna in un viaggio che trasfigura la realtà. Nulla è come appare, “ogni cosa ha due lati” diceva la madre. Perciò Anna e il padre sono saltati in cielo e ora volano tra le nuvole, nuotano negli abissi, vanno alla scoperta di un mondo sorprendente. Non offre risposte, questo testo, semmai pone domande; la conclusione stessa è tale solo in senso narrativo: ora Anna è pronta per andare in quella chiesetta oltre il fiordo, intravista fin dalla prima pagina.
Nessuna soluzione illusoriamente inverosimile propone questo libro giocato tutto sull’irreale, ma un percorso catartico; catartico in quanto intriso della bellezza delle immagini e liberatorio, perchè talora è sufficiente porre le questioni, senza pretendere risposte, per far sì che il dolore si attenui.
Età di lettura consigliata: dai 5 anni.
(recensione a cura di Angela dal Gobbo, tratta dal sito Liberweb)