IL MIO BAMBINO NON MI MANGIA
Carlos Gonzalez
Bonomi, 2004

Quella dell’inappetenza, o presunta tale, del bambino è senza dubbio una delle preoccupazioni che maggiormente affliggono le neomamme e per le quali queste ultime si rivolgono assai di frequente al pediatra con grande angustia. Ma è possibile che vi sia una così alta percentuale di bambini inappetenti? Da dove derivano tutti questi conflitti che insorgono in un così elevato numero di famiglie trasformando il momento del pasto in una vera e propria battaglia che tanta angoscia procura a genitori e bambini?
“l’inappetenza” afferma Gonzalez “è un problema di equilibrio fra ciò che un bambino mangia e quello che la sua famiglia si aspetta che mangi; il problema sparisce quando l’appetito del bambino aumenta, o quando le aspettative di chi lo circonda diminuiscono”. Come spiega l’autore, l’obiettivo di questo libro non è quello di suggerire stratagemmi e trucchetti per indurre i bambini a mangiare di più, ma è, al contrario, quello di ridurre le aspettative di lettrici e lettori in modo da renderle più vicine alla realtà. L’autore, come è solito fare nei suoi libri, tenta (riuscendoci benissimo) di far comprendere al lettore il punto di vista del bambino opponendosi ai più diffusi luoghi comuni che lo riguardano. Il bambino che non mangia quanto i genitori si aspettano che mangi non è tiranno, capriccioso, viziato. Non sta “mettendo alla prova” nessuno, non sta “affermando la propria personalità”. Semplicemente ha mangiato a sufficienza e non ha più fame. Gonzalez, con la consueta pacatezza ed empatia nei confronti di adulti e piccini, semplifica e sdrammatizza ciò che di consueto viene problematizzato creando non poche inutili ansie nei genitori.
Ma dunque da dove derivano tutte queste ansie e false aspettative riguardo l’alimentazione dei bambini? Come dimostra nell’interessantissima appendice storica inserita al termine del libro, quello dell’inappetenza è in realtà un problema molto recente, completamente inesistente almeno fino alla metà degli anni trenta del secolo scorso. In quest’arco di tempo, dimostra l’autore, non sono i bambini a essere cambiati. Sono cambiati modi e tempi dell’alimentazione. Uno svezzamento sempre più precoce (addirittura a tre mesi negli anni settanta!), regole rigide nell’introduzione degli alimenti e nella prescrizione delle quantità, ossessione per il rispetto delle curve di crescita contenute nelle tabelle (tabelle costruite in base alla crescita del bambino medio americano allattato artificialmente e perciò per nulla valide universalmente!). Dunque i bambini non sono diventati improvvisamente inappetenti. Sono state le false informazioni circolanti derivate da una scarsa conoscenza della fisiologia dell’alimentazione a creare false aspettative a riguardo. E’ stata l’ossessione per le tabelle di crescita che dovrebbero dare solo valori indicativi e non costituire “legge assoluta” in quanto inadeguate a render conto dell’inevitabile varietà e specificità di ogni singolo individuo.
Ma dunque che potrebbe fare una madre per prevenire i conflitti a tavola? A questo proposito il capitolo III, scritto con linguaggio ironico e brillante, è un validissimo vademecum su ciò che non bisogna fare all’ora dei pasti. Non insistere (niente ridicole scenette con immaginari aeroplanini e simili!), non ricattare, non fare paragoni, non corrompere. Non forzare mai i propri figli a mangiare, riconoscere la loro competenza, la loro capacità di autoregolarsi. Semplicemente, dunque, rispettare il proprio bambino.
Un libro da leggere assolutamente per vivere con serenità, semplicità e fiducia il momento del pasto con il nostro bambino. Un libro altresì da consegnare con gran soddisfazione al pediatra di famiglia (troppo spesso insensibile creatore di inutili ansie e frustrazioni nel neogenitore) allorchè prescrive la solita inutile aggiunta o addirittura stimolanti per l’appetito potenzialmente dannosi per la salute. Nel capitolo IX Gonzalez si rivolge direttamente ai colleghi pediatri e rammenta loro l’importante ruolo che rivestono, essendo in una eccellente posizione per prevenire i problemi che riguardano l’alimentazione infantile prima che si convertano in fonte di gravi angosce per la famiglia. Mai spaventare, mai etichettare il bambino, niente raccomandazioni rigide riguardo quantità, orario, ordine di introduzione degli alimenti. Il peso non è l’elemento più importante per valutare la salute di un bambino. Per valutare il fatto che lo sviluppo psicomotorio sia adeguato la cosa più importante “è ciò che la madre ci racconta, visto che è lei quella che sta con il bambino ogni giorno”.
Recensito da Teresa Lalario