Guus Kuijer – ill. Alice Hoogstad (trad. di Valentina Freschi)
Feltrinelli, 2015
Il lettore l’ha conosciuta a undici anni, in Per sempre insieme, amen, dove ci raccontava del suo mondo: i nonni, gli amici Caro e Mimun, la mamma fidanzata col maestro, il papà appena uscito di prigione; poi ha seguito le sue avventure in Mio padre è un PPP e Un’improvvisa felicità, apprezzandone le “primizie”, come lei stessa definisce quegli attimi lampanti di rivelazione, e lo sguardo sul mondo, spesso dissacrante. Polleke affronta argomenti come la morte, la crescita, la religione, il credere o meno in qualcosa, l’amore, la difficoltà dell’amicizia. In questo nuovo romanzo è alle prese col matrimonio della mamma e del maestro, con la nuova versione religiosa del padre che ha aperto un centro di meditazione e va in giro indossando una tunica, con l’interrogativo se rimettersi o meno con Mimun e soprattutto con la malattia del nonno e le certezze, tristi e inevitabili, che porta con sé. Ci racconta di come siano facili all’offesa gli adulti e a volte incapaci di dire la semplice verità; di come si possa pregare anche se non si crede davvero in nulla; di come si possa tenacemente camminare e sperare anche quando non si sa più nulla.
E ripete anche un concetto che torna più volte nelle sue avventure: qui ricorda agli adulti di avere solo dodici anni, che sono tanti ma anche pochi in alcuni casi; qualche libro fa ripeteva “Ho solo undici anni, non mi dispiacerebbe avere ragione meno spesso”: cari adulti, pensateci.
Età di lettura consigliata: dai 10 anni.
(recensione a cura di Caterina Ramonda, tratta dal blog Le letture di Biblioragazzi)